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Val d'Orcia

 

 

 

         La Val d’Orcia è una terra lontana dal fragore dellaVal d'orcia Bagno Vignoni Pienza contemporaneità, felicemente distante dalle direttrici dell’alta velocità e dai grandi nodi del traffico. Il suo mancato sviluppo industriale ed il persistente legame della popolazione con la terra e con i mestieri tradizionali hanno salvaguardato il rapporto uomo-ambiente elevandolo ad una dignità altrove spesso sconosciuta.

La Val d’Orcia non è soltanto. uno spazio geografico della Toscana, naturalmente privilegiato dalla sua storia o un ambito .poeticamente definibile attraverso. una serie di immagini. Essa è anche, più di ogni altra cosa, una specie di ecosistema di relazioni sociali, geografiche e culturali da proteggere e dà conoscere nella sua complessità.

Gli uomini del passato hanno costantemente ricercato con questa terra un rapporto vitale con la natura, un rapporto talvolta coscientemente forte, talvolta inconsapevolmente dolce. L’insieme dei segni che tutto questo ha lasciato consente oggi una lettura del paesaggio arritroso nel tempo, riavvicinandoci a quelle più antiche visioni che affascinarono pittori, artisti e viaggiatori.

Lo scenario della Val d’Orcia, da qualunque lato lo si osservi , ruota con armonia attorno ad un suo centro inesprimibile, per poi fuggire all’improvviso verso la grande madre irrigua: la montagna Amiatina. La vegetazione che pare ovunque infittirsi sulla sommità delle collinee cingere i fossi in un assedio disperato, crea profondità e ideogrammi imprevedibili, poi, con la sua fugace ed improvvisa presenza, forma barriere labili, segnali cadenzati, cornici. In alto, dove la linea collinare si infrange sui profili, improvvisamente duri e taglienti delle rocche la vegetazione si infittisce di colpo e va come ad diradarsi nelle linee morbide dei vigneti o nelle trame degli orti. La Val D’Orcia si presenta morfVal d'orcia Pienzaologicamente come una vasta propaggine argillosa che conserva ancora sulle sommità banchi di tufo con arenarie dorate e morbide e corre senza interruzioni verso l’Amiata e il Cetona , dove va ad infrangersi il suo "mareggiare morto" di luziana memoria.

Queste crete, che un tempo spaventavano i viaggiatori della "strada romana" che le attraversavano, conservano ancora in molte zone la loro antica bellezza, ma l’incidere inesorabile della modernità nelle campagne ha contribuito a modificarne in vaste zone l’aspetto. Ecco perché oggi è divenuto compito degli abitanti della Val d’Orcia difenderle come va difeso un grande patrimonio che la natura ha lasciato a tutti e che nessuna proprietà ha il diritto di distruggere.

Il mondo delle Crete, delle dolcissime colline senesi che si alzano una dopo l’altra come le onde lunghe dell’oceano, coronate da casali e tagliate dai lunghi filari di cipressi che accompagnano le strade di campagna.

Qui i borghi e i castelli hanno lo stesso colore delle zolle dei campi d’autunno, le città hanno nomi famosi, le greggi sono ancora numerosi e come in un lontano passato. Pochi paesaggi come questo cambiano colore e atmosfera con il passare delle stagioni: ocra in autunno, verde tenue in primavera, giallo nella stagione delle messi. Pochi ambienti come questo offrono spunti al fotografo e al pittore. Sullo sfondo, vicino e impressionante, appare sempre il vulcano.

A segnare il paesaggio a oriente dell’Amiata sono due fiumi non particolarmente celebri, ma ricchissimi di motivi di interesse. L’Orcia nasce ai piedi del Monte Cetona, tra San Casciano dei Bagni e Sarteano, si dirige a nord in un’ampia e severa pianura, bonificata a partire dal 1929 e sempre sorvegliata dall’Amiata, poi piega ad ovest attraverso la selvaggia gola dominata da Rocca e Ripa d’Orcia. Al di là, dopo la stazione FFSS di Monte Aniata e la strada tortuosa che sale a 5. Antimo e Montalcino, il paesaggio si fa pienamente maremmano, fin quando il fiume si getta nell’Ombrone.

Più breve il corso del Paglia, che nasce dalla confluenza di vari torrenti tra Radicofani e Abbadia San Salvatore, scorre a sud fino all’antico confine tra il Granducato di Toscana e il Papato, poi piega a oriente tra i fitti boschi delle Riserve Naturali di Monte Rufeno (Lazio) e di Meana (Umbria).

Infine sbuca in una valle più vasta, costeggia la rupe ferrigna di Orvieto, si getta nel Tevere.

Tra i due fiumi, le colline e i calanchi offrono al naturalista spunti diversi da quelli della montagna: pavoncelle e colombacci si lasciano avvistare nel cielo, a maggio le orchidee selvatiche appaiono sui prati. Terme, sorgenti calde, soffioni completano il quadro, e dimostrano che il gigante è ancora ben vivo. Mète di bagni curativi, soste tonificanti nel corso di un viaggio, inconsuete fonti di energia delle quali si rischia secondo alcuni l’abuso, le acque calde e i vapori dell’Amiata danno al paesaggio di questo versante del monte un ambiente spesso sorprendente e dantesco.

Accompagna il viaggiatore nelle terre ad oriente dell’Amiata la Via Cassia, una delle strade più belle e varie di tutta Italia e del mondo. Costruita intorno al 220 avanti Cristo come segno di pacificazione e controllo dell’Etruria conquistata da Roma, la Cassia collega l’Urbe a Firenze (e, in antico, a Fiesole) attraverso le colline di Nepi e Sutri, Viterbo e la grande pianura della Tuscia, le rive del lago di Bolsena, le Crete, Siena e infine le sinuose vallate che separano il Chianti dai colli di San Gimignano. Il tratto amiatino della strada misura circa 40 chilometri dal confine Lazio - Toscana a San Quirico d’Orcia. Il tracciato attuale, veloce e scorrevole, evita le celebri rampe di Radicofani, faticose nel Medioevo e laboriose ancora vent’anni fa, ma capaci di offrire un magnifico panorama sul vulcano.

Quasi coincidente con la Cassia antica era il tracciato della Via Francigena, una delle "vie Romee" medievali che conducevano i pellegrini verso Roma. Il tracciato - di cui conserviamo un’accurata descrizione del 994 da parte di Sigerico, arcivescovo di Cànterbury - scavalcava le Alpi al Gran San Bernardo, raggiungeva Parma, traversava l’Appennino scendendo a Pontremoli e Lucca. Il tracciato sfiorava poi Firenze, e si dirigeva a sud verso Siena. Dopo l’Aniiata, saliva a Radicofani, costeggiava il lago di Bolsena, proseguiva verso Roma per Montefiascone, Viterbo e Sutri

 


 

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